L’interazione uomo-macchina, dall’inglese human robot interaction, sta ricoprendo un importante ruolo nella quotidiana sfida contro la pandemia da Covid 19. Come può l’HRI aiutare a tutelare gli operatori sanitari nei reparti Covid?
Human Robot Interaction – HRI: cosa sono?
Come definito dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, famosa per la robotica ed anche per lo studio di “Human Robot Interaction“, per HRI si intende: “lo studio di nuove tecnologie robotiche e di nuovi sistemi per l’interazione avanzata uomo-macchina, sviluppando in particolare dispositivi robotici che possano cooperare con l’uomo in modo intuitivo e sicuro e nuove interfacce uomo-macchina per l’interazione in ambienti virtuali“.
È quindi una branca della robotica che abbraccia svariati settori, dall’industriale fino a quello medico-ospedaliero. I suddetti dispositivi robotici hanno il doppio ruolo di collaborare con l’uomo in particolari contesti o, in alternativa, fungere da slave, ossia da subordinato dell’uomo, detto invece master, il quale lo utilizza per espletare particolari funzioni al suo posto.
Negli ultimi anni l’HRI ha assunto sempre maggiore importanza, soprattutto in campo biomedico. Come nel celebre film di animazione Disney, “Big Hero 6”, tanto amato dai più piccoli quanto dagli appassionati di anime e soprattutto di fantascienza, dove il protagonista Baymax non è altro che, come si definisce lui stesso durante la sua presentazione, “il tuo operatore sanitario personale”.
L’idea che sta alla base dell’interazione uomo-macchina in ambito medico è quella di riuscire a realizzare robot che siano capaci di eseguire istruzioni e, in un futuro più o meno prossimo, affiancare medici ed infermieri nelle pratiche ospedaliere quotidiane.

Come definito, i dispositivi robotici che permettono l’interazione uomo-macchina possono essere controllati direttamente dall’uomo, tramite un joystick che permetta di gestire i singoli movimenti del robot stesso, o in alternativa vengono preventivamente programmati dei movimenti e operazioni nella macchina, che il sistema robotico svolge una volta avuto l’input, che può essere un input vocale come da tastiera.

Queste piattaforme robotiche permettono quindi di metter in comunicazione, da remoto, un operatore sanitario con un paziente ed anche con altri macchinari ospedalieri.
Qual è la loro utilità nella lotta al Covid-19?

Come risulta evidente da quest’ultima affermazione, evitare il contatto diretto tra operatore sanitario e paziente, può risultare di vitale importanza in caso di pandemie virali, come quella che stiamo vivendo oggigiorno. Numerosi sono, e sono stati, medici ed infermieri che hanno contratto il virus a causa di scadenti mezzi di protezione. Molti di essi hanno perso la vita a causa proprio di tali inadeguatezze.
Un gruppo di ricerca della Scuola di Ingegneria Meccanica della Zhejiang University, in collaborazione con il Dipartimento di Gastroenterologia del Hospital of Zhejiang University, sta cercando di sviluppare un robot che permetta proprio agli operatori sanitari di interagire con pazienti e macchine all’interno delle terapie intensive Covid, evitando l’accesso degli addetti in tali stanze. In tal modo sarebbe possibile riuscire a ridurre al minimo la potenziale diffusione del virus tra i componenti del personale ospedaliero. Come dichiarato dagli stessi ricercatori, questo robot telecomandato potrebbe trovare applicazioni in tanti altri settori come, ad esempio, l’esplorazione dello spazio o l’interazione con ordigni esplosivi.

Un’azienda svizzera, chiamata F&P Robotic AG, ha invece sviluppato un all-in-one platform che, proprio come il robot del film d’animazione targato Pixar, si presenta come un Personal Robot Assistant capace di, tra le tante funzioni, riconoscere e salutare persone, identificare oggetti, svolgere attivamente compiti e mansioni, spostarsi in qualsiasi ambiente, afferrare e trasportare oggetti ed interagire vocalmente o fisicamente. Tale device sviluppato per essere utilizzato in vari contesti, viene promosso dall’azienda produttrice come un mezzo utile in questa complessa fase storica.
L’utilizzo di tali device potrebbe risultare efficace per la gestione di qualsiasi macchinario all’interno delle terapie intensive, permettendo agli operatori di telecomandare tali interfacce da una sala di controllo.
La questione etica

In questo contesto ha rilevante importanza l’aspetto etico che potrebbe limitare lo sviluppo dell’autonomia di tali robot. Nel momento in cui il robot diviene indipendente e capace di prendere decisioni, è l’uomo stesso a programmare quali siano le scelte da preferire e quali quelle da scartare.
Tale problema si è già presentato, ad esempio, durante i preliminari studi per lo sviluppo delle denominate Self-driving Car, in italiano auto a guida autonoma. La difficoltà è sorto quando si è dovuto affrontare la problematica situazione in cui l’auto fosse costretta a dover decidere se salvare la vita di un pedone di giovane età o di un pedone anziano. Non è stato possibile trovare una soluzione univoca al problema, a causa proprio di complicanze correlate al peso che le diverse culture hanno su una simile decisione. La cultura orientale propenderebbe verso la salvaguardia degli individui anziani, considerati saggi ed importanti per la società. Quella occidentale, da parer suo, vede nei giovani il futuro e le fondamenta della società, per questo motivo tenderebbe a tutelare quest’ultimi.
Articolo a cura di Giammarco Pasqua.